La nuova sfida di Daniela Dessì: la regia di Madama Butterfly

Teatro Carlo Felice, Genova - 2014 © Marcello Orselli

Una delle più affermate cantanti liriche internazionali firma per la prima volta la regia di un’opera

Valeria Caldelli (Quotidiano Nazionale)

Una nuova sfida per Daniela Dessì, una delle più affermate cantanti liriche sui palcoscenici internazionali, che per la prima volta firma  la regia di un’opera. Interprete sempre molto attenta delle eroine ottocentesche, da Tosca a Violetta, ha scelto forse la più complessa, la più lontana dal mondo occidentale per intraprendere una strada raramente tentata da artisti del suo livello. È dunque Cio-Cio-San a tenere a battesimo una Dessì regista in una Madama Butterfly che recupera l’edizione originale dell’opera, quella rappresentata nel 1904 a Brescia, pochi mesi dopo il ‘fiasco’ di Milano e prima dei tagli  dello stesso Puccini, che portarono testo e musica alla versione attualmente conosciuta. “Ho sempre avuto una grande passione per la messa in scena  e quando il teatro mi ha fatto la proposta,  ho accettato subito, senza pensarci neanche un momento”. Ma Daniela Dessì non poteva certo rinunciare a cantare. Due i cast in scena in questi giorni al ‘Carlo Felice’ di Genova, uno in cui la voce di Madama Butterfly è ‘prestata’ da Maria Luigia Borsi e quella di Pinkerton da Khachatur Badalyan,  mentre nell’altro è la stessa regista ad animare Cio-Cio-San, in coppia, come sempre più spesso accade, con il compagno della sua vita, il tenore Fabio Armiliato, nei panni del tenente americano. Un debutto difficile, quello della Dessì e dell’opera stessa, ostacolato da un’influenza implacabile che ha devastato entrambi i gruppi di artisti, pur se con grandi sforzi si è riusciti a mantenere inalterato il cartellone.

Un po’ faticoso come inizio… È pentita?

“Neanche un po’. E’ stata una bellissima esperienza che spero di poter migliorare perché sarebbe un bel compendio alla mia attività di cantante. Sapevo fin dall’inizio che sarei stata molto interessata a questa prova, ma in realtà mi ha coinvolta anche più di quello che pensavo”.

Le piacciono le sfide?

“Diciamo che le cose facili non sono nel mio carattere: mi piace mettermi alla prova. Cantare e fare la regia è faticoso. In più Madama Butterfly è un’opera difficilissima, un’ opera di sentimenti, dove a parlare è la musica. Molte volte ho interpretato Cio-Cio-San: la regia è stata un gradino in più in questo ruolo, anche un approfondimento di cose personali”.

Cioè?

“Ogni volta che devo interpretare un personaggio è un po’ come andare dallo psicologo. Bisogna capire il suo carattere, focalizzare alcuni aspetti che magari fanno riflettere su noi stessi. Mettendo in scena gli altri, indicando loro come muoversi, si approfondiscono situazioni ed emozioni. In questo modo mi sono apparsi alcuni lati dell’opera che ancora non avevo capito”.

Un’esperienza, quella della regia, che sarebbe pronta a ripetere?

“Mi piacerebbe. E non è detto che non succeda. Magari con un’ opera verdiana…”

Ci racconta la sua Butterfly?

“Per quanto riguarda le scene mi sono dovuta adattare alla visione essenziale dell’ edizione di Montresor. Io ho lavorato sui sentimenti, sulla gestualità degli attori e sulle luci, queste ultime modellate in modo da rispecchiare la vicenda emotiva della protagonista per favorire l’immedesimarsi del pubblico nel suo percorso verso il dramma finale. Nel fondale della scena appare un grande ramo di ciliegio, come un diaframma che divide in due il mondo: da una parte la vita reale, dall’altra l’universo di Butterfly, il suo sogno, perché lei si autoconvince di un amore che non c’è. Cio-Cio-San resta sempre dalla stessa parte del paravento, mentre gli altri, attraversandolo, mantengono il legame con la realtà  e tra la realtà e il suo sogno. Quel ramo di ciliegio, poi, ha i fiori colorati nel primo atto, mentre nel secondo l’immagine è in bianco e nero, perchè si avvicina il momento della tragedia”.

Secondo lei cosa cambia in questa edizione originale rispetto all’opera che di solito viene rappresentata?

“Questa è più esplicativa dei personaggi, i loro caratteri sono più marcati. Pinkerton, ad esempio, è un vero farfallone, anche un po’ razzista. E anche nella stessa Butterfly si percepisce una certa chiusura verso il popolo  americano quando canta : ‘Un barbaro, una vespa’. E’ comunque un personaggio che mi ha sempre interessato molto e ora ho cercato di renderlo più simbolico. Ovviamente, essendo orientale, lei è diversa da noi”.

Non pensa che le Cio-Cio-San esistano anche oggi? E anche da noi?

“Alla luce dei fatti e dei molti femminicidi che stanno avvenendo in Italia indubbiamente sì. Non c’è dubbio che il maschilismo sia ancora molto forte. Le donne reagiscono, ma continuano ad essere
schiacciate”.

Lei ha un figlio di 20 anni. Che cosa gli insegna?

“Soprattutto il rispetto. Quello per gli altri e quello per se stesso e per le proprie idee. Oltre a saper tirar fuori ciò che ha dentro…”

Accanto a lei c’è Fabio Armiliato, a casa come sulla scena. Ma la vita è più bella di un’opera? O no?

“Avere vicino un artista del calibro di Fabio è un valore aggiunto, sia nella vita sia sul palcoscenico. Certo, la vita è più bella perché ci offre tante possibilità, però nell’opera a mezzanotte si chiude il sipario e chi è morto vivrà di nuovo il giorno successivo. Nella vita no, purtroppo non c’è ritorno. Comunque l’opera è lo specchio della vita dipinta a tinte forti. Se sappiamo ascoltarla ha molto da insegnarci”.

QN – Spettacoli