“Turandot? Sempre una sfida. È il volo continuo della voce”

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Il soprano Daniela Dessì protagonista: la “prima” venerdì al Coccia

di Maria Paola Arbeia (La Stampa)

Per la voce è un volo continuo. E lei è una donna inarrivabile. Principessa prigioniera del personaggio. Un’anima che poi l’amore risveglia. Questo e molto altro è Turandot. Poco cantata perché da maneggiare con grande cura»: parole e timbro del soprano Daniela Dessì, «stella» internazionale, al Coccia per preparare il debutto di venerdì 6 febbraio (ore 21). Replica domenica 8 alle 16. La regia è di Mercedes Martini e, nel ruolo, per lei è un doppio debutto.

Daniela Dessì, come affronta la parte?  

«E’ una parte tra le più difficili, di grande delicatezza e non dà tregua alla voce. È un volo continuo tra note centrali, acuti… La scrittura musicale parte da Puccini e va verso la scuola tedesca, verso Strauss. La frase è estremizzata, a sbalzi. Occorrono nervi e voce ben saldi. È anche molto divertente».

Perché divertente?  

«Per me almeno lo è. Ho spesso interpretato eroine morenti, super innamorate. Questa è tutta un’altra parte. Chi nella vita non ha mai sognato una volta di essere strega o regina? Turandot è anche ricca dentro e lo saprà rivelare. I sentimenti prima la cristallizzano».

Com’è il dialogo con la regista Mercedes Martini?  

«Lei è deliziosa. Ci scambiamo con passione e sincerità le idee che scopriamo via via molto simili. Dobbiamo dare tutti il massimo. Con Bruno Praticò ho già lavorato e pure con Walter Fraccaro».

E con il direttore d’orchestra Matteo Beltrami?  

«Ci stiamo conoscendo. È bravo, preparato, attento. Ha idee molto chiare, a sua volta, sulla partitura e su come scavarla, nella tradizione».

Le sue giornate novaresi? 

«Lunghe, intense, qui in teatro. Alloggio in centro e trovo la giusta concentrazione. Novara ha scorci meravigliosi. Il Coccia è un signor teatro con una bella fucina di giovani. Io vivo a Brescia. Conosco bene queste preziose realtà».

Come sta la lirica in Italia?  

«Abbiano talenti e teatri di solida tradizione e vivacità. Purtroppo è l’Italia ad avere grossi problemi. All’estero ci amano ma ad andarci spesso piange il cuore: l’opera l’abbiamo inventata noi! Io farò Fedora a Genova con il mio compagno Fabio Armiliato, poi Tosca a Torre del Lago. Proprio per il momento difficile, tutti dobbiamo fare la nostra parte. Artisti inclusi, anzi, forse per primi. Adesso pensiamo a questa nuova Turandot per voi».

La Stampa – Novara