Daniela Dessì e Fabio Armiliato protagonisti de La bohème in scena al 60° Festival Puccini di Torre del Lago

© Nicola Allegri

Abbiamo il piacere di incontrare Daniela Dessì Fabio Armiliato durante le prove de “La bohème” che li vedrà protagonisti nel corso della prossimo Festival Puccini di Torre del Lago e non perdiamo l’occasione per toglierci qualche curiosità.

Dopo aver interpretato su questo importante palcoscenico torrelaghese, molte opere pucciniane che avete frequentato soprattutto nella seconda parte della vostra carriera, ci riferiamo a Madama Butterfly, Tosca, Fanciulla del West, Manon Lescaut, possiamo dire che quest’anno con Bohème riprenderete un’opera che era un po’ uscita dal vostro usuale repertorio? Quali emozioni e quali ricordi vi sovvengono, tornando ad interpretare Bohème?

Daniela: “La Bohème e soprattutto il personaggio di Mimì mi riportano sempre alla mia adolescenza quando, appena quindicenne, debuttai il ruolo a Palazzo Litta a Milano dopo un solo anno di studio di canto. Ad ogni nuova esecuzione del personaggio, riaffiorano quindi in me emozioni giovanili, entusiasmo, gioie e sensazioni, che peraltro molto si addicono all’eroina di Puccini. In più, l’atmosfera che si crea con ogni compagnia di canto nel provare e poi eseguire l’opera è di totale complicità, un legame di amicizia, goliardia e sostegno reciproco, che rispecchia quello che lega i personaggi e che è alla base della buona riuscita di ogni spettacolo.
È vero che per un certo periodo ho cantato meno Bohème rispetto ad altri titoli, ma soltanto perché ultimamente l’idea di molti direttori di teatro di far cantare questo ruolo, e giustamente, ai giovani ha fatto sì che si identificasse la vocalità di Mimì con un soprano lirico-leggero; in realtà la tradizione vorrebbe che il ruolo fosse realizzato da un soprano lirico, quale io sono, e nel passato infatti l’abbiamo ascoltata dalle voci di Freni e Tebaldi, proprio come Rodolfo è stato interpretato del resto da tenori come Pavarotti e Corelli.”

Fabio: Io ho cantato molto La Bohème nei primi vent’anni della mia carriera. È la prima opera completa che ho cantato in pubblico, con l’accompagnamento del pianoforte, durante gli anni di studio con Rosetta Noli. L’ho debuttata in teatro a Frankfurt nel 1989 e da quel momento ho cantato moltissime recite in varie produzioni e ricordo con emozione quella di Anversa, nel “ciclo Puccini” di Robert Carsen e Silvio Varviso ma soprattutto l’inaugurazione del Teatro Regio di Parma del 1995 con Mirella Freni. Ad un certo punto della mia carriera quest’opera mi è stata proposta con meno frequenza perché ho spostato il mio repertorio verso ruoli più “eroici”, ma La Bohème è sempre rimasta nel mio cuore; anche perché è una delle prime opere che ho imparato ad amare in tenera età.”

Quella che vedremo tra qualche giorno a Torre del Lago sarà una nuova produzione con la regia del grande Ettore Scola. Quindi una nuova collaborazione con un importante regista cinematografico. Quali sensazioni provate per questa nuova esperienza?

Daniela: Sono molto onorata e felice di lavorare con un Maestro del cinema quale è Ettore Scola; sono una sua grande ammiratrice e ho visto gran parte della sua filmografia. Ritengo quindi questa occasione un grande privilegio. Il Maestro è una persona amabilissima e con un’idea chiara e netta dei personaggi, e questo è un grande vantaggio per chi deve interpretare la sua idea registica. Stiamo lavorando con grande serenità, con libertà di interpretazione: il Maestro Scola ci lascia fare per poi indicarci, con garbo, le sue preferenze e le sue richieste interpretative.”

Fabio: “L’esperienza di un regista cinematografico della grandezza del Maestro Ettore Scola è un valore aggiunto per questa produzione. Per me è un privilegio che ha dell’incredibile essere stato diretto nel cinema da un regista come Woody Allen nel film To Rome with love e ora avere Ettore Scola come regista per questa Bohème che segna anche il suo debutto come regista d’opera! Sono davvero orgoglioso di questa opportunità e per certi versi, ancora un po’ incredulo per questa particolare evoluzione che ha avuto la mia carriera artistica.”

Avete già fatto qualche prova di regia? Siete già in grado di raccontarci le vostre prime impressioni?

Daniela: Stiamo lavorando al progetto, caratterizzato da una visione tradizionale della storia con una grande attenzione ai dettagli.”

Fabio: “Un regista cinematografico ha l’occhio attento ai dettagli e sa come creare gli effetti ambientali per generare immagini e sensazioni suggestive. C’è una grande attenzione ai personaggi e alle loro sfaccettature e c’è anche una grande attenzione al testo e alla narrazione che sono sicuro evidenzierà la grande passione che il maestro Ettore Scola ha per questa straordinaria storia di amore e di amicizia e soprattutto per la partitura pucciniana.”

Cosa cambia dall’interpretare un’opera di Puccini in un qualsiasi teatro del mondo piuttosto che qui a Torre del Lago? Si avvertono delle emozioni particolari?

Daniela: “Impossibile non avvertire emozioni particolari qui, il luogo dove ha vissuto il Maestro e dove ancora esiste la sua casa, proprio di fronte al nuovo teatro. La forza ispiratrice che deriva dalla sua costante presenza è enorme e la si avverte subito salendo in palcoscenico: non appena si odono le prime note della sua musica, si è come ispirati e le emozioni superano l’ansia della prestazione. Inoltre, in certe serate, si crea un’atmosfera speciale quando la luna si riflette nel lago, e lo scenario naturale dilata quello teatrale.”

Fabio: “Torre del Lago Puccini è un luogo unico! La magia del posto e la particolare atmosfera del teatro del Festiva Pucciniano rendono tutto davvero speciale. Io sono molto legato a questi luoghi che fin dalla mia adolescenza avevo visitato in “pellegrinaggio” da Genova con la mia Vespa 125 valicando il passo del Bracco…
Ho cantato la prima volta nel 1986 a Torre del Lago anche una parte minore ne 
La Fanciulla del West (il minatore Joe) e di quell’opera ho poi cantato come protagonista ben due produzioni, compresa quella del centenario nel 2010! Cantare le opere di Puccini nel luogo dove sono state concepite è qualcosa di davvero straordinario… e questa magia si avverte quando dal palcoscenico si può vedere la casa di Puccini illuminata magari dalla “faccia pallida” della Luna. Io mi auguro che il Festival Puccini diventi sempre più un punto di riferimento per la cultura italiana e per l’opera lirica, per quanto si è impegnato e ha espresso nel tempo per valorizzare i capolavori di Giacomo Puccini.”

Dal punto di vista vocale e interpretativo quali sono le maggiori difficoltà presentate dai ruoli di Mimì e Rodolfo?

Daniela: Vocalmente il ruolo di Mimì è assai delicato e dolce, e a tratti, dal terzo atto in poi, drammatico. La difficoltà maggiore sta nella misura, nell’equilibrio delle nuances vocali. Il pericolo può essere esagerare troppo il lato infantile di Mimì a scapito della drammaticità insita nel personaggio fin dalle prime note della sua aria più famosa. Dal punto di vista vocale, oltre all’aria iniziale cantata praticamente a voce “fredda”, le difficoltà maggiori si incontrano nel 3° e nel 4° atto: per la passionalità che Puccini assegna al ruolo di Mimì, centrale in tutto il 3°, e nell’ultimo per la drammaticità della morte, che tuttavia deve essere resa senza calcare la mano sugli accenti.”

Fabio: Rodolfo è un ruolo molto popolare e molto apprezzato dal pubblico. Quando si interpretano ruoli dove le romanze e i duetti sono molto conosciuti c’è sempre la difficoltà maggiore di convincere l’ascoltatore della propria lettura interpretativa. Che gelida maninaO soave fanciulla, ma soprattutto il dialogo con Marcello del terzo atto rappresentano i momenti più importanti e la vocalità di Rodolfo assume toni di drammaticità e di pathos davvero alti. Puccini ha sempre affermato di prediligere per il ruolo di Rodolfo una vocalità di maggior spessore ma soprattutto che possa essere comunicativa: quando ascoltò Enrico Caruso gli disse se “per caso l’aveva mandato Dio” e gli affidò subito il ruolo al fianco di colei che poi sarebbe diventata la prima moglie del grande tenore napoletano e trasportando per lui stesso l’aria del primo atto che credo non fu mai eseguita nella scrittura originale e cioè senza la salita alla nota acuta nella frase “la speranza”. Anche nella prima frase iniziale di Rodolfo, Puccini scrisse in realtà solo come “oppure” la salita al SIb su “l’idea vampi in fiamma”… ma anche qui, onestamente, non ho mai ascoltato da nessuno questa versione originale.”

Avete dei vostri interpreti di riferimento per questi ruoli?

Daniela: “Vocalmente, di sicuro Renata Tebaldi e Mirella Freni.”

Fabio: “Io ho imparato quest’opera dalla voce di Beniamino Gigli, ma la voce di Luciano Pavarotti, che ascoltai in una versione in diretta radio a fine anni sessanta, è sempre stata per me identificata, nel ruolo di Rodolfo più di tutti gli altri grandissimi interpreti tenorili. Da buon “tenorofilo” li ho ascoltati praticamente tutti: da Pertile a Di Stefano fino ai miei colleghi contemporanei e devo dire che ho sempre prediletto le voci di maggior spessore per questo ruolo alle voci più “leggere”; il mio Maestro Franco Corelli affrontò lui stesso moltissime volte quest’opera e fu anche la sua ultima recita sulla scena proprio a Torre del Lago nel 1976. Invece la prima volta che vidi La Bohème fu al Teatro Margherita di Genova e Rodolfo era interpretato da un altro grande tenore: Flaviano Labò. Alcuni anni dopo fu invece la volta dell’Arena di Verona con Pavarotti e Scotto: indimenticabile!!!”

Siamo portati a pensare che dal punto di vista fisico sia più dispendioso cantare all’aperto. I diversi spazi spesso più ampi, il vento, l’umidità e tanti altri fattori ambientali che non stiamo ad elencare, vi costringono a variare l’emissione rispetto a quando cantate in un classico teatro chiuso?

Daniela: Indubbiamente cantare all’aperto non è facile, perché alcune volte si perdono colori o accenti che al chiuso risalterebbero invece in maniera diversa. Il pubblico viene maggiormente distratto, all’aperto, da ciò che accade intorno, e inoltre il fattore ambientale può giocare brutti scherzi se esistono problematiche metereologiche ecc. Ma cantare in un teatro all’aperto ha del resto anche un suo fascino intrinseco, che consiste nel condividere la musica con la natura e con il mondo circostante; nel caso di Torre del Lago, con i luoghi e le atmosfere lacustri dove visse Puccini, e questo è impagabile.”

Fabio: I teatri all’aperto sono certamente una sfida maggiore per un cantante, soprattutto per il fattore acustico: la voce non sempre “ritorna” con la sensazione giusta per cantare con serenità. Ci sono ambienti naturali che facilitano di più in questo senso, come i teatri e gli anfiteatri all’aperto greci o romani oppure gli Sferisteri, dove l’acustica dei muri consente una maggior facilità di propagazione del suono. All’aperto si deve cercare di non “spingere con la voce”, anche se non è sempre facile. L’umido, il vento e altre condizioni atmosferiche non aiutano poi certo la situazione ambientale. Però: quanto è affascinante il teatro all’aperto con la volta stellata come soffitto?”

Dopo aver raccolto tanti successi come artisti lirici avete avuto modo di mostrare il vostro talento anche in ambiti di un po’ diversi: Daniela come regista d’opera e Fabio come attore cinematografico. Che impressioni avete tratto da queste nuove esperienze?

Daniela: “Fare una regia teatrale era davvero un sogno della mia vita. Dopo 35 anni di carriera le cose si vedono molto chiaramente, e l’esperienza ti permette di trasmettere agli altri artisti in palcoscenico quello che tu stessa hai imparato negli anni. Curare l’aspetto scenografico, i costumi, le acconciature è molto faticoso ma assai interessante; ma la cosa più straordinaria consiste nel vedere come, attraverso le tue idee, una storia cresca davanti ai tuoi occhi… Per quel che riguarda la mia prima esperienza, “Butterfly”, mi sono incontrata/scontrata con una delle opere sicuramente più difficili da mettere in scena. Ho voluto mantenerne una visione simbolica e lavorare sull’interiorità dei personaggi, sottolineando il contrasto tra l’illusione e la realtà, tra i sogni e l’avvenimento che sconvolge la vita della protagonista (il ritorno di Pinkerton con la nuova sposa americana). Anche gli elementi scenici – le quinte, una pedana, un paravento – costituiscono la separazione visiva tra l’illusione in cui vive Cio-Cio-San e una realtà impietosa e crudele.”

Fabio: “Ho accennato prima al film di Woody Allen ed è stata un’esperienza che non riesco ad esprimere con un solo aggettivo… una di quelle cose che accadono nella vita, che non ti aspetteresti mai e che, se volessi farle accadere, non ci riusciresti sicuramente. Ho avuto questa gioia, ma anche la fortuna di avere interpretato in quel film un ruolo davvero importante e apprezzatissimo da critica e pubblico e che inoltre mi ha dato modo di parlare e di far parlare (e magari anche discutere) di opera e di melodramma. Una curiosità: credo sia un piccolo record per la storia del cinema aver eseguito all’interno del film un’aria d’opera (“Amor ti vieta”) dall’introduzione alla fine totalmente integrale, senza nemmeno un piccolo taglio! È davvero una cosa unica nelle dinamiche del cinema. La cosa però che più mi ha divertito e anche un po’ inorgoglito è l’aver scoperto di essere stato inserito di diritto nei database ufficiali degli attori di Hollywood: insomma era già un privilegio incommensurabile per me essere definito “collega” di personaggi come Caruso, Gigli, Corelli, Del Monaco, Pavarotti… ma esser definito “collega” anche di Charlie Chaplin, Gary Cooper, Orson Welles, George Clooney e Woody Allen… beh, la cosa mi fa davvero sorridere!”

E dopo questa Bohème quando e dove potremo nuovamente vedervi in scena? Potete darci qualche anteprima?

Daniela: “Dopo gli impegni estivi, a settembre sarò ad Atene per un concerto dedicato a Maria Callas e poi, nei mesi successivi, oltre ad alcune masterclass – un altro ambito, quello didattico, a cui tengo molto – sarò in Nicaragua per alcuni recital organizzati proprio dal Festival Pucciniano. Per quanto riguarda le produzioni operistiche, un progetto che mi sta a cuore è quello col Carlo Felice di Genova, che dovrebbe portare a una coproduzione internazionale di Fedora.”

Fabio: “A Marseille ne La Gioconda il prossimo ottobre sarò nuovamente Enzo Grimaldo dopo la bellissima produzione di qualche anno fa a Madrid. Abbiamo anche in progetto con Daniela di rilanciare un titolo importante della giovane scuola italiana come Fedora di Umberto Giordano e speriamo di poter portare questo titolo in tutti i teatri del Mondo come merita, iniziando nella prossima primavera proprio dal nostro amatissimo Teatro Carlo Felice di Genova: un teatro a cui sono affezionatissimo, a cui devo molto e a cui sono e sarò sempre riconoscente.

Beh, grazie per la disponibilità e in bocca al lupo per le prossime recite

Grazie a voi e un saluto a tutti i lettori di OperaClick.

Danilo Boaretto

Operaclick – Interviste